venerdì 19 marzo 2010

Un Paese di folli - Minzolini e i giudici

Leggere le carte delle intercettazioni del telefono di Minzolini, per le quali egli stesso è indagato, fa rabbrividire.

Il direttore del TG1, al telefono con Bonaiuti che lo chiama per sapere della trasferta, si lamenta dell'assurdità dell'inchiesta e del fatto che gli han fatto perdere un giorno di lavoro per una inchiesta sulle carte American Express di cui lui non sa nulla. Non solo, Minzolini viene chiamato a Trani con l'accusa di non aver mandato in onda un servizio sugli interessi praticati dall'American Express. Gli inquirenti lo accusano di non aver mandato in onda il servizio su invito di altre persone. Come questo prefiguri un reato non si sa, in ogni caso però Minzolini si sfoga al telefono dicendo che il suo telegiornale è stato l'unico ad aver mandato in onda il servizio.

Però il suo telefono è stato l'unico messo sotto controllo. I direttori degli altri telegiornali, che non avevano dato la notizia, non hanno avuto il telefono sotto controllo.

A me pare molto strano, anche senza fare dietrologia.

Metti sotto controllo il telefono del direttore di un telegiornale con l'accusa che non abbia dato una notizia, quando invece l'ha data e bastava controllare i servizi del Tg. E non metti sotto controllo i direttori dei telegiornali che davvero non hanno dato la tale notizia. Non ci vuole un genio per capire che c'è qualcosa di strano.

Grazie a queste intercettazioni però si è potuto scoprire che Berlusconi e Minzolini si sentono per telefono. Cosa normalissima tra l'altro, tra giornalisti e politici.

Grazie a questa notizia dunque si è potuto fare campagna contro Minzolini, reo di non essere imparziale. Come imparziale è invece Santoro, grande parte lesa dell'inchiesta, ex-deputato europeo di sinistra che sicuramente non ha mai telefonato a un politico di sinistra e che confeziona equilibratissime trasmissioni.

Qui il testo delle intercettazioni:

http://www.ilgiornale.it/interni/e_berlusconi_telefono_difendeva_marrazzo/berlusconi-minzolini-innocenzi-spioni-cosentino-trani/19-03-2010/articolo-id=430850-page=0-comments=1

mercoledì 17 marzo 2010

Trani, gli ispettori, Alfano e la sinistra

Cosa dire della situazione creatasi in seguito all'indagine di Trani?

Per prima cosa dovrebbe esserci una riflessione sull'ormai svanito bilanciamento fra i poteri dello Stato.

Nella Costituzione tanto amata a sinistra, quella Costituzione che non si può toccare e cambiare mai, era stato inserito dai costituenti proprio l'immunità parlamentare. Questa proteggeva tutti parlamentari dalle indagini giudiziaria.

Gli elettori di sinistra dovrebbero chiedersi perché era stata introdotta e perché ora chi la propone viene additato a protettore dei ladri.

L'immunità parlamentare era stata introdotta per dare forza e sostegno alla separazione e indipendenza dei poteri. Un potere senza controllo, in grado di influire sugli altri, tende inevitabilmente a farlo. La magistratura è indipendente per Costituzione, e questo è doveroso, ma l'immunità parlamentare era stata introdotta insieme a questa indipendenza, proprio per far si che non ci fossero tentazioni di invadere i campi altrui. In questo caso, quello legislativo.

Quando l'immunità è stata tolta, ai tempi di tangetopoli, quindi un bel 50 anni dopo il varo della Costituzione, si è commesso un grave errore. Eìvero che lo si è fatto per desiderio di giustizia ma la cura è stata peggiore della malattia.

Ora siamo nelle condizione di essere uno Stato democratico sotto tutela giudiziaria. Di giudici non eletti dal popolo ma che progrediscono nella loro carriere in maniera automatica e sono divisi per legge in correnti politiche. Vale a dire che sono i partiti ad eleggerli a certe cariche dell'ordinamento giudiziario. Ad esempio, il Capo dello Stato elegge alcuni giudici della Consulta, e li sceglie con razio politica, scegliendo fra i giudici che danno un orientamento specifico alla loro interpretazione delle leggi.

Come dobbiamo interpretare ora, il rifiuto dei magistrati di Trani di fare leggere gli atti agli ispettori del Ministero della Giustizia, che legittimamente, secondo l'Articolo 107 della Costituzione possono essere inviati dal Guardasigilli?

Come possiamo interpretare la pratica aperta dal CSM di aprire una indagine su questi ispettori? Come intimidazione, secondo opinione del Ministro Alfano?

Io credo proprio di si. Solo in questo Paese la magistratura vuole essere al di sopra delle leggi ed una parte politica sostiene questo atteggiamento pericoloso.

Perché a sinistra ancora non se ne rendono conto, ma quando le libertà democratiche saltano, saltano per tutti. E dopo il centro destra toccherà a loro.

martedì 16 marzo 2010

Berlusconi, Trani e la giustizia

Vorrei sapere se davvero esiste qualcuno che non crede all'uso politico della giustizia contro Berlusconi.

Purtroppo so già la risposta...esiste.
Contro ogni evidenza esiste chi crede alla casualità di un numero enorme di inchieste avviate puntualmente nell'ultimo mese di campagna elettorale. Sempre con contenuti risibili, come quest'ultima.

Chi fa o ha fatto il giornalista, sa che tutti i politici parlano con i giornalisti. Oggetto della discussione è sempre la linea di un servizio, che il politico cerca di addolcire.
Niente di peccaminoso in questo.
Invece Minzolini è stato crocifisso per questo, e perchè non è imparziale. Di Pietro e Bersani ne chiedono a gran vice la rimozione. Si suppone allora che chiedessero la stessa cosa per Santoro, non solo schierato apertamente, ma anche precedente deputato europeo tra le file della sinistra. Invece quello che accade è che Berlusconi viene indagato per aver detto al telefono quello che Di Pietro e company chiedono dal palco dei comizi e probabilmente anche al telefono. Solo che di quest'ultima cosa non saremo mai sicuri, perchè di intercettazioni telefoniche riguardanti personaggi della sinistra sui giornali non se ne vedono. Incredibile ma vero, in questo marasma di fughe di notizie le uniche intercettazioni leggibili sono quelle che riguardano il premier. Scommetto che è cosa interessante anche per i leader stranieri. Chissà se avranno mai più il coraggio di parlare al telefono con un nostro primo ministro.

Dunque si e scoperto che Berlusconi è indagato di minacce nell'unico procedimento dove il minacciato dichiara di non aver subìto minacce. Che sia la sindrome di Stoccolma?

Non solo, Berlusconi è indagato di concussione nell'unico procedimento dove il guadagno della concussione non esiste. Come dire che la trasmissione di Santoro è viva, vegeta e in onda. Un po'come indagare uno per omicidio dove manchi il morto.

C'è poi una notiziola passata sotto silenzio. Brachino, il giornalista che ha fatto notare a tutti i calzini azzurri del giudice che ha emesso la sentenza Fininvest, è stato sospeso per due mesi dalla professione di giornalista.
Particolare la situazione in cui la procurata visione di due calzini è più grave di accuse continue di essere mafiosi e ladri e dittatori rivolte al Premier regolarmente eletto.

E ancora c'è qualcuno che crede alla casuale orologeria di questa giustizia.


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domenica 14 marzo 2010

Regionali Lazio, illegalità e presentazione delle liste elettorali

L'argomento della settimana è la presentazione delle liste elettorali e la pretesa di difendere la legalità tramite l'esclusione delle liste del PDL a Roma. Ho pensato dunque di leggere la legge elettorale che governa la presentazione delle liste, giusto per capire chi ha ragione tra i due contendenti e ho trovato un passo interessante. Ve lo incollo.


"Il cancelliere non può rifiutarsi di ricevere le liste dei candidati, i relativi allegati e il contrassegno o contrassegni di lista neppure se li ritenga irregolari o se siano presentati tardivamente."

Questo è scritto a pag. 26 della legge nel link che vi allego a fondo pagina, dal sito del Ministero degli Interni.

Quindi di quale difesa della legalità parlano la Bonino, Bersani, Di Pietro e la sinistra tutta?

Il cancelliere doveva accettare le liste anche se in ritardo (ritardo comunque smentito dal PDL).

Sarebbe questa dunque la (il)legalità che il centro sinistra tenta di difendere.

L'esclusione dell'unico loro avversario dalle elezioni regionali sulla base di un atto illegale e cioè il rifiuto di ricevere la lista PDL a Roma sulla base di un cosiddetto ritardo.

Se questa è la legalità e le pari opportunità targate sinistra...preferisco la non legalità destra. Almeno mi permettono di votare liberamente.

Ecco la legge, potete controllare
http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/18/00177_iso-8859-1_Q_Pubbl._n._3.__-__El._reg.__-__Istr._presentaz._e_ammiss._c_xandid._x2010x_x1-204x.pdf

sabato 13 marzo 2010

La "Legalità" di Bonino, Di Pietro e compagni

Sentire la Bonino parlare di lotta all'illegalità mi fa veramente chiedere se davvero pensano che le persone siano stupide.
I radicali hanno portato in parlamento prostitute e pornostar. Cicciolina forse i più giovani non se lo ricordano, ma questa famosa pornostar dell'epoca, giusto qualche anno fa, finì in Parlamento dopo una campagna elettorale a seno scoperto.

Ma le pornostar non sono tanto male se andiamo a considerare altri personaggi duri e puri eletti nelle file dei Radicali. Loro si che ci tengono alla giustizia. Hai visto mai come lottano per tenere fuori il PDL dalle urne? E'questione di Legge, gridano e scalpitano.

Torniamo dunque agli eletti duri e puri.
Sergio D'Elia. Condannato a 30 anni per banda armata nelle file del terrorismo brigatista. Eletto alla Camera nelle file dei Radicali. Ecco la biografia su Wikipedia, inutile scriverla doppia qui. Siamo su internet dopo tutto.

http://it.wikipedia.org/wiki/Sergio_D'Elia

Ecco però uno stralcio significativo della sua permanenza alla Camera, sempre dal link appena postato.

"Nelle elezioni politiche di aprile 2006 è stato eletto alla Camera dei deputati per la Rosa nel Pugno ed è in seguito stato nominato segretario alla Presidenza della Camera, suscitando accese proteste sia da parte dei familiari dell'agente Fausto Dionisi, sia da parte di alcuni sindacati delle forze di pubblica sicurezza. Inoltre, fa parte della III Commissione - Affari esteri e comunitari (dal 6 giugno 2006) e al Comitato di vigilanza sulle attività di documentazione (dal 29 giugno 2006)".

Quindi abbiamo capito che la giustizia è uguale per tutti, ma segretario alla Presidenza della Camera ci si arriva meglio se si è stati brigatisti e carcerati trentennali.

Qualcuno dirà che è roba passata, la cosa strana però è che non è vero. Nel comitato elettorale di Emma Bonino ci sono anche Mambro e Fioravanti.
Per chi non lo sapesse autori della strage di Bologna e di altre belle cose.

http://archiviostorico.corriere.it/2010/febbraio/27/Mambro_Fioravanti_aiutano_Bonino_co_8_100227019.shtml

I comunisti italiani sembra che abbiano capito il problema:

http://www.sder.it/index.php/2010/03/01/mambro-e-fioravanti-indifendibili-emma-bonino-prenda-le-distanze/

Ma sembra anche che alla fine non gliene importi poi molto, perché comunque pare saranno alla manifestazione del centro-sinistra tutto, oggi.

Quindi vorrei capire.
La Bonino quando parla di legalità di che cosa parla?
Della sua personale legalità o di quella vera? Quando parlava di democrazia da difendere contro la burocrazia del regime, di cosa parlava?

E Di Pietro, sostenitore della candidatura Bonino, queste cose le conosce? Certo che si, la questione è pubblica, mica un segreto.
Dunque di che legalità parlano questi personaggi? La legalità di fare eleggere in parlamento dei condannati per reati come questi, purchè di sinistra?

Ho come l'impressione che la loro legalità non mi piaccia, e ne faccio volentieri a meno.

venerdì 12 marzo 2010

Siamo alla follia, Di Pietro e company alla caccia di Minzolini...democraticamente

Saremmo alla follia se non fossimo invece ad un disegno preciso.

Lasciando stare la solita inchiesta su Berlusconi in campagna elettorale, che sfido chiunque a non definire ad orologeria, la novità è che la campagna ora raggiunge anche chi non si uniforma all’unico pensiero di sinistra. O a quello che evidentemente vorrebbero instaurare. Secondo Il Fatto, Minzolini sarebbe indagato per aver rassicurato il Premier sulla linea dei suoi servizi. Sarebbe una accusa questa?
E quale sarebbe il reato?

Non si sa, ma tale accusa basta per linciare un giornalista che a sinistra cercano di linciare da mesi. Le voci contrarie al coro non sono benvolute a sinistra. Ricorda un po’l'esame di comunismo appena instaurato in Cina per i giornalisti.

Sei d’accordo con la linea del Governo? Devi essere cacciato.
Sei d’accordo con la sinistra? Non devi essere cacciato. Se ci provano diventi un martire della libertà.

Sei Berlusconi e dici che Santoro è pessimo? Indagato.
Sei Di Pietro e dici che Minzolini deve essere cacciato? Manifestazione in piazza in suo favore a difesa della libertà (ma da che?).

La gogna è iniziata anche per Minzolini dunque, siano avvisati tutti i giornalisti di destra.

C’è qualcuno che non si accorge ancora della campagna giudiziario-mediatica e della antidemocrazia della sinistra?

Non so davvero come fa…

Vi piace vincere facile?


“Dite quello che vi pare, ma a me dei giudici che impediscono a Roberto Formigoni di candidarsi in Lombardia e al Pdl di candidarsi a Roma, fanno venire in mente un golpe. Fosse successo ai nostri, staremmo già tutti in piazza. Voglio che il centrosinistra vinca le elezioni, senza scorciatoie e soprattutto senza appoggiarsi alla magistratura” (Mario Adinolfi, membro della Direzione nazionale del Pd)."

Bersani, i radicali e i ricorsi

Veramente particolare, il modo di agire di Bersani e dei Radicali.

Prendiamo Bersani. All'inizio del caos liste afferma di avere intenzione di arrivare ad una soluzione politica. Ovviamente non vuole vincere a tavolino.
Dopo qualche giorno dice che non ne vuole sapere di rinvii o interventi del governo per risolvere la situazione, perché bisogna aspettare con tranquillità l'esito dei ricorsi che risolveranno tutto. Una persona ragionante allora si chiede...cosa avrà mai inteso qualche giorno prima con "soluzione politica"?

Dunque, consigliati da Bersani, attendiamo l'esito dei ricorsi e accade che in Lazio al PDL non venga permesso di partecipare alle elezioni. Questo nonostante un intervento legislativo di interpretazione della legge da parte del legislatore. "Interpretazione vera" si dice in giurisprudenza. Il legislatore, cioè chi fa le leggi, spiega la ratio della legge. In questo caso, che le liste son fatte per evitare che chiunque, senza base elettorale, si presenti alle elezioni provocando una scheda elettorale con centinaia di simboli. Il decreto interpretativo spiega che, se i delegati che devono presentare le liste sono nell'edificio, si intende che hanno diritto di terminare la consegna delle liste. Un po'come quando andiamo a votare e chi è già presente ai seggi in coda può votare anche se l'orario di chiusura dei seggi è passato.

Bene, il decreto viene firmato dal Presidente Napolitano, vecchio comunista e probabilmente non molto di destra, come si vorrà convenire. Napolitano rilascia dichiarazioni in cui afferma che non è sostenibile l'assenza del maggiore partito italiano dalle elezioni.
Bontà sua, il concetto è semplice e non si capisce come molti a sinistra facciano fatica a capirlo.

Dunque, il decreto viene ignorato e tutti possiamo rallegrarci della foto del giudice che ha emesso il provvedimento, con la foto di Che Guevara in ufficio.

Ora Bersani che fa? Si potrebbe supporre che proponesse di nuovo una soluzione politica e invece dice no a rinvii, a decreti e a tutto. Quale sarebbe la soluzione politica uno si chiede allora. Semplice, alle elezioni ci va solo la sinistra, cosi si vince. Chiaro come il sole.
Ma non solo. Dopo che il PDL era stato escluso con ricorsi e controricorsi, Bersani ha una nuova trovata geniale. Si parla troppo di ricorsi dice, ora basta. Si fermino tutti i ricorsi, il PDL la smetta. Ah ecco, ora ho capito mi dico. Gli unici che possono fare i ricorsi sono quelli di sinistra. Il PDL non può seguire l'iter giudiziario, si capisce che così si fa solo confusione. Geniale.

Ora passiamo ai Radicali.
Dopo avere passato anni a ripetere ad ogni fiato disponibile che la burocrazia della presentazione delle liste li escludeva dalle elezioni. Dopo aver ripetuto, migliaia di volte, che la burocrazia uccide così il diritto dei cittadini di votare liberamente il partito che desiderano. Dopo avere proposto per anni l'abolizione della raccolta firme che impedisce a partiti con una base elettorale consolidata di partecipare alle elezioni per cavilli burocratici, dopo tutto questo i Radicali fanno ricorso contro la lista PDL in Lombardia per escluderla dalle elezioni. Un ricorso che per legge non potrebbero fare, perché le regole permettono solo il ricorso contro la esclusione delle proprie liste, per evitare una pioggia incorciata di ricorsi che blocchi le elezioni.
Incredibilmente ai radicali viene accettata la presentazione del ricorso contro Formigoni, e qui uno si chiede che razza di giudici abbiano accettato il ricorso, quando non sarebbe stato neanche possibile presentarlo per legge. Ma lasciamo stare.
I radicali si danno da fare anche in Lazio, sembra impedendo ai delegati del PDL di consegnare le liste e facendo confusione per costringerli ad andarsene dalla stanza. Questo secondo il PDL. Si dirà che ci sono opinioni diverse, ma il punto non è questo. Il punto è che i Radicali scendono in piazza insieme a Bersani e Di Pietro, in prima linea per chiedere l'esclusione del PDL dalle elezioni in Lazio a causa di irregolarità burocratiche nelle schede. Presentazione in ritardo.

Allora una persona con memoria decente si chiede...e la burocrazia partitocratica, che impedisce agli elettori di votare liberamente, ponendo ostacoli cavillosi...ecco, questa burocrazia dove è finita?
Ma adesso abbiamo capito. Le leggi per i Radicali, sono sacre, vanno rispettate sempre, tranne quanto impediscono ai Radicali stessi di presentarsi alle elezioni. Allora si tratta di regime. Tranne quando impediscono la libera droga, allora se Pannella e Bonino spacciano in piazza, non ci devono essere conseguenze di condanna penale.
Semplice no? La Legge deve essere uguale per tutti, dicono. Tranne quando si tratta di Pannella, Bonino e company. Allora no.

giovedì 11 marzo 2010

Piccolo riassunto in linguaggio semplice per non addetti ai lavori

Tempo di elezioni regionali in Italia. Come sempre, la campagna elettorale si è svolta con grandi polemiche. Questa volta, si è trattato di questioni burocratiche.

Prima di potersi presentare come simbolo sulle schede elettorali, per legge i partiti devono raccogliere un certo numero di firme, circa 2000, che dimostrino che tale partito ha una base elettorale tale, da poter essere presente e votato sulle schede elettorali. Legge molto contestata in passato da diversi partiti storici, come i Radicali, che pur avendo una base elettorale consolidata, hanno spesso avuto difficoltà nel raccogliere le firme. I Radicali quindi propongono da anni una revisione delle leggi elettorali con la abolizione dell’obbligo di presentare le liste da parte di partiti che già si fossero presentati una volta alle elezioni regionali o politiche.

Questa volta è accaduto che venissero escluse in prima battuta le liste del PDL in Lombardia e Lazio. Il PDL è il partito di governo che viene dato nei sondaggi a circa il 40% dell’elettorato nazionale. Nella regione lombarda ha vinto le elezioni regionali durante le ultime 3 tornate elettorali, con circa il 60% dei voti ogni volta. Nel Lazio la candidata Renata Polverini proveniente dal sindacato, veniva data, negli ultimi sondaggi prima del caos burocratico, come vincente anche se di poco sulla candidata dell’opposizione Emma Bonino.

Il sistema in Italia è sostanzialmente bipolare. Questo significa che alle elezioni si deve sostanzialmente scegliere tra due grandi listoni, uno del centro-destra e uno del centro-sinistra.

Improvvisamente dunque, scoppia il caso liste. Prima vengono escluse le liste del PDL in Lazio, poi in Lombardia. I Radicali, sostenuti dal centro-sinistra, contro ogni loro precedente proposta e critica presentano ricorsi contro le liste PDL con l’intento di escluderle per irregolarità burocratiche. Gli eletti e gli elettori del PDL si sentono traditi dalla esclusione del loro partito dalle elezioni e scoppiano le polemiche.

Il problema vero è che, senza le liste del centro-destra, i cittadini non hanno possibilità di scelta sulle schede elettorali. Tutto ciò, soprattutto in Lombardia dove il 60% della popolazione sostiene il governo, viene visto come un attacco alla democrazia e alla possibilità di scegliere il proprio governo regionale.

Il centro sinistra, l’opposizione in Italia, decide di sostenere l’esclusione delle liste del PDL, adducendo motivi di legalità e in pratica sostenendo delle elezioni in cui sulle schede non vi fosse possibilità di scegliere fra almeno due coalizioni.

In Lombardia il candidato governatore, Roberto Formigoni, sostiene la regolarità delle sue liste mentre in Lazio viene affermato che i Radicali abbiano impedito la consegna nei tempi utili delle liste, facendo confusione davanti all’ufficio elettorale di Roma.

A questo punto interviene il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, vecchio militante del Partito Comunista Italiano. Afferma che l’esclusione delle liste del maggiore partito del Paese dalle elezioni non è sostenibile e dunque sostiene la promulgazione di un decreto che interpreti la Legge vigente spiegando l’intenzione del Legislatore nel richiedere le liste e l’applicazione della Legge relativa e dunque spingendo verso l’accoglimento delle liste nelle due regioni.

L’opposizione, soprattutto Di Pietro dell’IDV, non accetta il decreto e decide di indire una manifestazione di piazza. Lo slogan è quello di difendere la democrazia contro un governo golpista. La realtà è che vanno a manifestare per il “diritto” di potersi presentare alle elezioni come unici candidati. Un po’ strana come difesa della democrazia. Assurdo il fatto che i Radicali, dopo anni di battaglie contro la burocrazia che uccide la possibilità di libero voto, ora manifestino a favore dell’applicazione di cavilli per escludere gli unici avversari. Sembra che in Italia per la sinistra la democrazia abbia strani significati.

Veramente singolare. Abbiamo una nuova definizione di democrazia. Non più elezioni in cui il popolo ha la massima possibilità di scelta ma elezioni in cui la scelta non esiste. Se questo non viene permesso...è un regime. Sempre secondo la sinistra italiana.

Impariamo sempre qualcosa di più sulla vera natura della democrazia secondo sinistra. Quella sinistra che continua a sostenere la non democraticità del partito di Silvio Berlusconi spargendo la voce in tutto il mondo, crede che democrazia siano delle elezioni in cui vi è un solo simbolo sulla scheda, il loro. Forse è il caso di farsi qualche domanda.

Al momento in cui scrivo in Lombardia sono state riammesse le liste del partito di Berlusconi, dopo che la magistratura ha riscontrato l’esclusione non motivata. Nel Lazio invece la lista è ancora esclusa.

Gli ultimi sondaggi danno in risalita però di due punti la lista del centro-destra di Berlusconi in Lazio e in caduta di mezzo punto quella del centro-sinistra. Forse la ragione è che gli elettori vogliono potere scegliere e non vogliono che la sinistra, che si ammanta di democrazia, scelga per loro prima delle elezioni.

domenica 7 marzo 2010

Democrazia secondo la sinistra: elezioni al partito unico

Ora l'opposizione scende in piazza. Popolo viola, popolo rosso, mini-popolo radicale, tutti in piazza a favore della democrazia. Poi si va a vedere un po' oltre la parola democrazia e scopriamo per cosa manifestano. Per il diritto di andare alle elezioni senza avere il PDL come avversario.

Veramente singolare. Abbiamo una nuova definizione di democrazia. Non più elezioni in cui il popolo ha la massima possibilità di scelta ma elezioni in cui la scelta non esiste.

Se questo non viene permesso...è un regime.

Impariamo sempre qualcosa di più sulla vera natura della democrazia secondo sinistra.